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Pillole di storia

Stromboli, anche nota con il nome di “Faro del Tirreno”, perché con l’attività intermittente del vulcano illumina la rotta dei navigatori da secoli, è nota fin dall’antichità; le Eolie vengono citate nella mitologia come dimora del Dio Eolo, ma sembra che proprio a Stromboli Odisseo abbia incontrato il Dio che gli donò l’otre contenente, ben sigillati, tutti i venti contrari alla sua navigazione, lasciando libero solo lo Zefiro che lo avrebbe ricondotto all’Isola di Itaca;

…. se solo i suoi compagni di viaggio, presi dalla curiosità, non avessero voluto aprirlo per guardarci dentro, liberando così tutti i venti contrari….

Fu per secoli abitata solamente durante il periodo della semina e della raccolta fino a quando non si formò il primo insediamento (XVIsec.) nell’attuale zona di San Vincenzo, la cui economia si basava principalmente su agricoltura, pesca e marineria. Le pendici del vulcano furono terrazzate per favorire le coltivazioni di ulivi, fichi e viti (si produceva un’ottima Malvasia). L’approvvigionamento d’acqua per l’irrigazione era assicurato dalle cisterne per il raccoglimento dell’acqua piovana, che ancora oggi si scorgono qua e là inghiottite dalla vegetazione.

Fu però la marineria ad offrire momenti di splendore all’isola, tanto che nel XIXsec. Si contava una flotta di 65 velieri che assicuravano il collegamento tra la Campania e la Sicilia, facendo arrivare la popolazione locale a 2000 abitanti! Purtroppo, con la costruzione della rete ferroviaria sulla penisola italiana e l’invenzione del vaporetto l’isola, nel secolo successivo, conobbe una grande depressione.

Nel 1930 Stromboli rischiò l’abbandono a causa del ripetersi di pesanti eruzioni ed un forte terremoto che provocò un maremoto, nonché l’attacco della peronospora, un parassita che distrusse gran parte delle coltivazioni di vite; gli abitanti abbandonarono le proprie case per migrare in America e Australia.

A questo periodo facciamo risalire l’abbandono di quella che sarebbe diventata Casa Vale e che la nostra famiglia ha acquistato come rudere nel 2000. Sappiamo che la casa fu edificata in periodo antecedente al

1967, costruita con architettura tipicamente eoliana, con più stanze (a forma cubica), affiancate o sovrapposte una sull’altra. Secondo quanto abbiamo potuto ricostruire, le stanze al piano superiore venivano utilizzate come unità abitativa, mentre quelle al piano inferiore come cucina, magazzini per i prodotti agricoli, il rimessaggio delle imbarcazioni o il deposito per le reti da pesca e il palmento per la produzione del vino. Il “dormitorio”, oggi un bilocale denominato Yemanja era ed è ancora collegato al resto tramite una scala esterna realizzata su un arco rampante.

Le fondamenta sono costituite da blocchi di pietra lavica con parte delle pareti verticali mantenute come all’origine in pietra porosa più leggera. I solai, invece, ormai crollati o instabili sono stati ricostruiti in chiave moderna. Servono comunque a tutt’oggi per la raccolta dell’acqua piovana che,come da tradizione, viene convogliata nella cisterna sottostante.

Quello che oggi è il terrazzo con il patio costituiva l’elemento di unione tra spazio interno ed esterno: il terrazzo si sviluppa per tutta la lunghezza

dello stabile ad 1 piano,su cui affacciavano 3 ambienti: la cucina, il palmento e probabilmente uno dei magazzini che oggi formano il trilocale Onda; la terrazza è coperta da un pergolato sorretto dalle tipiche colonne dette pulère collegate tra loro da bisòli, sedili in cemento ricavati nello spessore del parapetto.

Forse i monolocali Mare e Monte servivano come locali per il rimessaggio delle imbarcazioni, anche perché oggi la strada e con essa l’ingresso di casa sono rialzati rispetto al passato, quando, con tutta probabilità da casa si accedeva direttamente a livello spiaggia.